San Agostino, il massimo trattatista della Chiesa cattolica, nella sua opera redatta a Tagaste tra il 389-391, dal titolo “De Vera Religione”, al capitolo XXX, fa una chiara e concisa dissertazione sulla definizione dell’armonia e del ritmo uniforme del corpo architettonico, ovvero degli edifici. Egli prende a riferimento l’elemento finestratura:

 “Bisogna invece che ci domandiamo perché ci infastidisce se, di due finestre non sovrapposte ma poste l'una accanto all'altra, una è più grande o più piccola, quando avrebbero potuto essere uguali, e non ci infastidisce invece la loro diseguaglianza se sono sovrapposte e l'una è la metà dell'altra; e perché, dato che sono due, non ci interessa molto di quanto l'una sia maggiore o minore dell'altra. Se invece fossero tre, il senso di proporzione sembrerebbe richiedere che siano uguali o che, tra la più grande e la più piccola, quella posta al centro sia di tanto più grande della minore di quanto è più piccola della maggiore.“

 Mentre i teorici dell’estetica dell’antichità classica leggevano il manufatto architettonico come volume spaziale, San Agostino vede le opportunità di creare armonia seguendo il discorso della facciata dell’edificio quale corpo unitario plasmato nel suo spessore, al di la dei vuoti spaziali. Tali considerazioni lo portano a teorizzare il concetto di armonia:

 “In tutte le arti piace l'armonia, che è la sola a rendere tutte le cose complete e belle; essa inoltre richiede corrispondenza e unità, o per la somiglianza delle parti simmetriche o per la gradazione di quelle asimmetriche. Ma, chi può trovare nei corpi perfetta proporzione o somiglianza, per cui, dopo attenta considerazione, osi dire che un corpo qualsiasi possiede veramente e semplicemente l'unità, quando tutte le cose mutano, passando o da un aspetto ad un altro o da luogo ad un altro, e constano di parti che occupano posti propri, per cui sono diversamente distribuite nello spazio? D'altro canto, la vera proporzione e somiglianza, come pure l'unità vera e prima, non si percepiscono con gli occhi del corpo né con alcun altro senso, ma con un atto di intellezione. Da dove infatti si richiederebbe nei corpi la presenza di una qualsiasi proporzione o da dove si trarrebbe la convinzione che essa è molto differente da quella perfetta, se questa non fosse colta dalla mente? Ammesso che si possa chiamare perfetto ciò che non è stato fatto.“

 Queste parole danno un concreto spunto ad una semplice analisi di uno dei paradigmi della progettazione architettonica: la simmetria, il ritmo uniforme della composizione, l’equilibrio.

 Va da sé che la mera definizione di simmetria è la ideazione di ritmi uniformi, specie nella creazione delle facciate. La definizione di simmetria nelle varie epoche, è stata oggetto di un esasperato studio da parte di diversi trattatisti e sperimentata nei progetti e nelle realizzazioni. Si è assistito nei secoli ad un rimescolamento infinito dei punti vista, fino ai più recenti esempi di rilettura e riformulazione delle traforature in facciate incardinate da infinite ipotesi di modellazione con le varianti materiche, cromatiche e soprattutto plasmate da una tridimensionalità sempre più estrema.

 Che l’armonia, nata da un ritmo uniforme o meno non sia mai adeguatamente percepita dai soli nostri occhi è ormai, nella cultura architettonica, cosa ampiamente acclarata.

 L’armonia è una ottimizzazione dei rapporti delle parti con il tutto o delle parti fra loro (leggi proporzione); è una cognizione percepita dall’intelletto che tende a leggere l’uniformità della costruzione architettonica.

 Sicuramente chi legge l’organismo architettonico dovrà essere capace di liberarsi dal concetto statico e limitativo della semplice simmetria o del ritmo uniforme; aspetti questi che compongono un gesto completo di progettazione, ma non sostanziano da soli il risultato finale che appartiene invece, a tutto tondo, ad un equilibrio non modificabile perché completamente appartenente all’opera d’arte. Ovvero l’opera d’arte, quella che non può essere più modificata in quanto autonomamente in equilibrio, sorretta da vecchi e nuove ipotesi di ritmi uniformi, proporzioni e quindi… armonia

 L’architetto che dimora nell’animo di Agostino d’Ippona, con la frase:

“D'altro canto, la vera proporzione e somiglianza, come pure l'unità vera e prima, non si percepiscono con gli occhi del corpo né con alcun altro senso, ma con un atto di intellezione.“

è, dopo 1600 anni, ancora oggi ritenuto un lucido teorizzatore della progettazione tanto da poter fornire utili spunti alla moderna produzione architettonica che quotidianamente cerca di autogenerarsi districandosi tra innovazioni materiche, esasperazioni formali, applicazioni tecnologiche all’avanguardia e non da ultimo, emergenze ambientali. Tutti aspetti che ci auguriamo siano non solo legati da una necessaria sostenibilità ma anche connessi in una armonia come teorizzata da San Agostino e dal suo architetto.

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